C’era una volta un prete di nome Caspio (come il mare) che abitava in montagna e aveva una mucca. Siccome nella sua parrocchia non c’erano tanti fedeli, anzi ce n’erano solo due e metà di essi erano pensionati di ottantasette anni e mezzo, lui spendeva quasi tutto il suo tempo ad accudire la mucca. La domenica, infatti, alla funzione non veniva quasi mai un cazzo di nessuno perché la vecchia pensionata faceva fatica a camminare e suo nipote (l’altro fedele) preferiva dedicarsi alla cura dell’osteria che gestiva solo per se stesso (in pratica si versava il vino e lo beveva. Tutto da solo, senza l’aiuto di nessuno) piuttosto che caricarsela in spalla e portarla alla chiesa.
Così Don Caspio (come il mare) accudiva la mucca che, di nome, si chiamava Ulrike. La portava a guinzaglio sul prato dietro la canonica e la osservava mentre pascolava. Di quando in quando le rivolgeva la parola tanto non c’era nessuno attorno ad ascoltare che potesse prenderlo per un coglione che parlava ai bovini.
– “Sai che una volta avevo una morosa che si chiamava come te? Era austriaca e le piaceva andare sulla slitta però parlava italiano solo con un leggero accento che me lo faceva andare in tiro.”, le raccontava, “Così un giorno, per San Valentino, le chiedo cosa vuole come regalo, che ne so… cioccolatini, un braccialetto, fiori, stronzate del genere che piacciono alle femmine ma quella mi guarda negli occhi e fa una slitta!; allora io allargo le braccia e faccio ma te ne ho regalata una l’anno scorso! e lei sì d’accordo ma, se ricordi bene, l’ho prestata al postino che mi aveva chiesto se poteva farci un giro e io, che sono generosa e non dico mai di no a nessuno (non per niente ti permetto di capitarmi tra le gambe), gli ho detto ok e quello si è schiantato contro un pino, è morto con la testa aperta in tre parti e mi ha scassato la slitta. Insomma è andata a finire che ho dovuto regalarle un’altra slitta, lei era contenta di andare in slitta. Però io a un certo punto mi sono rotto i coglioni di questa storia che voleva sempre lanciarsi a tutta giù per la discesa quando nevicava così ho detto fanculo!, l’ho scaricata, sono diventato prete e mi sono comprato una mucca e quella sei tu, pensa un po’.”
La mucca continuava a brucare guardando Don Caspio (come il mare) mentre quello parlava a vanvera. Masticava l’erba pigramente e lo osservava come se volesse dire “pensa che coglione ‘sto imbecille vestito da pinguino: non può fare la predica perché non se lo caga nessuno così parla con una mucca di nome Ulrike.”, solo che non poteva dire un cazzo perché i bovini non parlano. Insomma, siccome le mucche non possono manifestare a parole il proprio disappunto nei confronti dei preti logorroici che rompono loro la coglia, Ulrike decise che fosse il caso di allontanarsi di qualche metro per continuare a nutrirsi senza sentire la voce cantilenante di Don Caspio (come il mare) che le raccontava di quella volta che l’aveva comprata perché la sua fidanzata preferiva la slitta al suo cazzo per l’ennesima volta.
– “Dove te ne vai, Ulrike?”, disse Don Caspio (come il mare) vedendola sgambettare lontano da lui. Si alzò, allarmato, dal tronco d’albero su cui si era accomodato e la inseguì lungo il leggero pendio. “Fermati, non allontanarti troppo… più in là c’è una strada… ok, è poco trafficata e tutto il resto ma metti che, per caso, passa un TIR perché il camionista ha spaccato il GPS e crede che quella sia una scorciatoia per Bollate di Baranzate… insomma… nessuno vuole ritrovarsi una mucca nel radiatore dello Scania, dico bene? Ulrike, torna qui!”
Ma il bovino ne aveva fin sopra le corna delle storie assolutamente fini a se stesse di Don Caspio (come il mare); voleva solo brucare per i cazzi suoi scacciando le mosche con la coda senza ascoltare di quella volta che blablablablabla e blablablablabla così non prestò alcuna attenzione ai richiami del suo padrone e trotterellò lontano da lui.
Dopo quasi un’ora di inseguimento, Don Caspio (come il mare), si ruppe a sua volta nei coglioni e decise che fosse il caso di giocare d’astuzia. Dopotutto l’homo sapiens era più intelligente di qualsiasi bovino sulla faccia del pianeta, giusto? Così girò sui tacchi e s’incamminò in direzione della macchia che cresceva rigogliosa dall’altra parte della collina. Pensava di cogliere Ulrike di sorpresa, afferrarla per il collare, rimetterle il guinzaglio e riportarla nella stalla che aveva ricavato, senza che il vescovo sapesse nulla, dalla sala da pranzo al piano terra della canonica.
Dopo aver camminato tra gli alberi per una ventina di minuti, scorse la pelliccia maculata di Ulrike che pascolava allegramente dietro l’angolo.
– “Ah-ha!”, esclamò Don Caspio (come il mare) con un filo di voce, quindi si mise in posizione di punta come un setter irlandese e, resosi conto che Ulrike era del tutto ignara della sua presenza, fece un poderoso balzo in avanti, afferrandone il collare con entrambe le mani.
Il bovino, da parte sua, pareva essersi completamente scordato il motivo per cui era fuggito dal prete e non oppose alcuna resistenza continuando a masticare erba e scoccando un’occhiata distratta al religioso. Don Caspio (come il mare) estrasse da una tasca segreta della tonaca il guinzaglio e lo assicurò al gancio sul collare placcato argento tempestato di zirconi che aveva comprato su ebay da uno di Codroipo (PN) per quindici euro e sessantatré centesimi (razza di stronzo, aveva voluto anche quelli!).
– “Sei scappata senza alcuna ragione, birichina! Hai fatto proprio come quella volta che il figlio della nipote del cugino del vicino di casa della nonna di mia zia aveva spremuto un lim…”
Ulrike, sentendo nuovamente la voce salmodiante di Don Caspio (come il mare), esclamò stizzita “MUUUUUUUUUUUUUU!” e, con un poderoso colpo di reni, diede uno strattone all’indietro cercando di liberarsi del guinzaglio ma il prete non lasciò la presa e, quando l’animale si mise a correre scendendo a tutta velocità lungo il dolce crinale della collina, puntò i piedi sul terreno ma, dopo appena qualche metro, si ritrovò sull’erba prono, trascinato e rimbalzante su ogni asperità del terreno.
– “Fermati! Razza di stupida vacca imbecille! Fermati, ho detto! Ti ho pagata un fracco di soldi! Ti ho concesso anche l’uso promiscuo della sala da pranzo della canonica! Inutile giovenca ingrata! Stronza! Bastarda! Non mi ascolti, eh? Ricordati della parabola del figliol prodigo! Io non sono un coglione come il padre di quel delinquente! Nossignore! E non porgo nemmeno l’altra guancia! Quando tornerai da me, ti faccio conoscere il mio amico Alvaro che fa il macellaio giù in paese! Hai capito? Fermati, brutta cicciona di merda! Altrimenti ti ritrovi braciola in men che non si dica!”, il tutto rimbalzando sull’erba con la tonaca che svolazzava alle sue spalle. Infine lasciò andare la presa e si rialzò faticosamente da terra osservando Ulrike che sgambettava qualche centinaio di metri più avanti non intenzionata a fermarsi.
(Fine della prima puntata)